giovedì 19 luglio 2012

Germoglio #8: Scacco matto.

Avete presente quel momento in cui -in perfetta armonia corpo/mente- il vostro avversario ha fatto la sua mossa e si è lasciato sfuggire un sorrisetto sadico ma, voi, già state -con logica ferrea- vagliando tutte le possibili mosse per strappargli quel suo ghigno -no, non era un sorrisetto- malefico?
Beh, io no.
Grazie ad un mio amico, sono riuscita a spuntare una voce della lista, imparando a giocare a scacchi, ma il corso è stato breve e base della base della base.
Insomma, so come si chiamano gli animali e gli omini che si muovono sulla scacchiera -un re, una torre, una donna, un cavallo, un alfiere e un pedone- e come possono muoversi.
Strategia? Si, mi piace, ma non fa per me.
Dopo una sonora sconfitta -alla mia prima (e ultima) partita- ho virato verso la dama.
Così ho vinto ed il mio pseudo-orgoglio ne è uscito quasi intatto.
Ma ormai ho capito che mai il tempo che perdi è totalmente perso.
Quindi, per me -che sono una curiosona- leggere la leggenda dell'invenzione di questo gioco, è stato molto interessante.
Un re indù, vinse una grande battaglia per difendere il suo regno, ma per vincere dovette compiere un'azione strategica in cui suo figlio perse la vita. Da quel giorno il re non si era più dato pace, perché si sentiva colpevole per la morte del figlio, e ragionava continuamente sul modo in cui avrebbe potuto vincere senza sacrificare la vita del figlio: tutti i giorni rivedeva lo schema della battaglia, ma senza trovare una soluzione. Tutti cercavano di rallegrare il re, ma nessuno vi riusciva. Un giorno si presentò al palazzo un monaco che gli propose un gioco che aveva inventato: il gioco degli scacchi. Il re si appassionò a questo gioco e, a forza di giocare, capì che non esisteva un modo di vincere quella battaglia senza sacrificare un pezzo, ovverosia suo figlio. Il re fu finalmente felice, e gli chiese quale ricompensa egli volesse. Il monaco guardando la scacchiera, gli disse: «Tu mi darai un chicco di grano per la prima casa, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via». Il re rise di questa richiesta, meravigliato del fatto che potesse chiedere qualunque cosa e invece si accontentasse di pochi chicchi di grano. Il giorno dopo i matematici di corte andarono dal re e lo informarono che per adempiere alla richiesta del monaco non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni. In questo modo, egli insegnò al re che una richiesta apparentemente modesta può nascondere un costo enorme.
Questo sì, che è ragionare.






1 commento:

  1. Prima di tutto complimenti per la lezioncina di storia davvero molto interessante, é incredibile pensare quale strana o complessa storia possa esserci dietro oggetti o, in questo caso, giochi cosi comuni. Mi piace molto il modo in cui hai costruito una storiella , con tanto di insegnamento finale, partendo dalla descrizione di un gioco.

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Ti ringrazio per la tua impronta!